Frutti e semi di piante comuni della nostra alimentazione, come grano, mais, farro esposti nelle forme coltivate e selvatiche, sono stati scelti tra le collezioni storiche del Museo Botanico per rappresentare il tema di Bright 2023: “Essere umani”.
Le piante sono un esempio di come l’uomo è intervenuto sulla natura nel tempo. Circa 10.000 anni fa, l’uomo da raccoglitore è divenuto coltivatore, ed è iniziato un lungo cammino che ha portato allo sviluppo dell’agricoltura. Così furono scelte le specie più adatte a essere coltivate e quindi “domesticate”. Da 80.000 specie selvatiche utilizzate dall’uomo raccoglitore, siamo passati a poche centinaia e oggi sono state selezionate e prodotte solo 30 specie, che forniscono il 95% del nostro cibo. Le specie domesticate non possono vivere in natura per la perdita dei caratteri/strutture necessari alla disseminazione spontanea, in quanto i semi sono sempre raccolti e poi seminati dall’uomo!
Una curiosità: il mais, il cui nome latino è Zea mais, è una pianta che non esiste allo stato selvatico, ma deriva da una sapiente opera di selezione e di incroci e quindi ibridi, effettuata dalle popolazioni precolombiane dell’America Centrale. La partenza è l’antenato selvatico, conosciuto come Teosinte che in lingua degli Aztechi significava “pannocchia sacra” (teotl = sacro, cintli = pannocchia secca) e in latino è Euchlaena mexicana.
Lo sviluppo tecnologico e la ricerca dell’uomo in campo agricolo ha quindi portato alle creazione di specie nuove, alla selezione di ibridi e specie Ogm, a scapito però della biodiversità selvatica, che oggi è a rischio di estinzione!
Ilaria Bonini