San Niccolò: assistenza e cura dei malati di mente
Il 6 dicembre 1818 si inaugura il manicomio di Siena con il nome di “Spedale dei tignosi, delle gravide occulte e dei dementi”. Al momento dell’apertura vengono ricoverati 34 malati di mente, cui si aggiungono gli “affetti da malattia del capillizio e della pelle” e le “donne che un illecito amore aveva reso madri”.
Nel 1857 Carlo Livi diventa direttore del manicomio di Siena. È un giovane medico che conosce quanto sta accadendo nei manicomi nel nord dell’Europa in base alla nascente psichiatria. Nel suo operato segue due concetti fondamentali: la “cura morale”, che consiste nel ridare ai malati quella dignità di cui la società li ha privati, e l’ergoterapia.
La crescita costanze del numero dei ricoverati rende necessaria una completa ristrutturazione del manicomio, affidata all’architetto romano Francesco Azzurri.
Il Novecento si caratterizza per la direzione dal 1909 al 1952 di Antonio D’Ormea.
In questo periodo si assiste a un notevole sviluppo del villaggio manicomiale, che fanno del San Niccolò un ospedale all’avanguardia in grado di accogliere fino a duemila malati. Ma proprio il gran numero di ricoverati determina sempre più il ricorso ad azioni di controllo a scapito delle possibilità terapeutiche.
Nel corso del Novecento l’istituzione manicomiale inizia a mostrare segnali della sua inadeguatezza e incapacità a rinnovarsi. E Siena non fa eccezione. Il San Niccolò chiude il 30 settembre 1999, 21 anni dopo l’emanazione della Legge Basaglia.