La collezione di preparati sullo sviluppo delle ossa umane realizzata da Pilade Lachi. Il recupero di due antiche vetrine per esporre questo straordinario strumento didattico

Un nuovo allestimento è stato realizzato al Museo Anatomico “Leonetto Comparini” di Siena per la collezione di preparati sullo sviluppo delle ossa umane realizzata a fine XIX secolo da Pilade Lachi. Con il recupero di due vetrine ottocentesche, facenti parte del patrimonio storico universitario, la collezione si presenta in una nuova esposizione che ne valorizza l’importanza storica negli ambiti della ricerca e della didattica. Si tratta di un insieme di preparati che fa parte del nucleo storico del Museo Anatomico, realtà che può esser fatta risalire al 1850, quando il direttore dell’Istituto di Anatomia, Giovanni Battista Vaselli, assunse il titolo di “Museo Anatomico Praefectus”.
Nel 1883 il docente di Anatomia Guglielmo Romiti (1850-1936), con l’aiuto del dissettore Pilade Lachi (1852 ?-post 1928), operò il riordino delle collezioni, a partire dai pregevoli preparati di Paolo Mascagni. In quell’occasione venne pubblicato il Catalogo ragionato del Museo Anatomico della Regia Università di Siena. Tra i beni presenti in questo catalogo, ai numeri 50-84, è una collezione di preparati sullo sviluppo delle ossa umane realizzata da Pilade Lachi. L’idea di realizzare questa collezione di preparati anatomici venne a Lachi dopo averne vista una analoga al Museo Orfila di Parigi. In quella sede Lachi osservò “la più bella fra quelle che sono relative alla osteologia. Essa si compone di tutte le ossa del nostro corpo; ciascuno però è presentato a varie epoche dallo sviluppo ossia ai primi mesi della vita intrauterina fino all’età adulta, tanto che si può di ognuno studiare il modo di accrescimento, i nuclei di ossificazione e l’età a cui questi nuclei fra loro si riuniscono per costituire un solo pezzo osseo come vediamo nella virilità”. Tornato a Siena volle replicare per il Museo Anatomico dell’Università una analoga collezione.

Nacque così la raccolta osteologica illustrante le varie fasi dello sviluppo delle ossa, dal secondo mese di vita intrauterina fino all’età adulta, che è oggetto di questo articolo. La realizzazione non fu semplice, per la necessità sia di “assistere alla macerazione di piccoli scheletri per non perdere veruno dei centri ossei” che di “poter disporre dei soggetti necessari per sorprendere la ossificazione nelle sue varie fasi”. E proprio il reperimento dei cadaveri necessari per la realizzazione dei preparati rappresentò certamente la difficoltà maggiore, che portò a una dilatazione dei tempi necessari per realizzare tali preparati. Per poter osservare i passaggi da uno stadio all’altro dell’ossificazione, ciascun osso venne presentato nel suo sviluppo a 65 giorni di vita intrauterina, e – a seconda dei casi – a 3 mesi, 4 mesi, 4 mesi e mezzo, 5, 6 e 9 mesi di gestazione e poi all’età di 1, 2, 4, 7, 13, 15, 18, 21 e 30 anni, “epoca, quest’ultima, nella quale costantemente le ossa presentano il loro completo sviluppo”. Ancora oggi i preparati si presentano “su tante tavole per quanti sono gli ossi del nostro corpo in fila i vari stadi di ciascun osso, talché prendendo in mano ciascuna tavola e dandovi sopra un’occhiata si può assistere ai cambiamenti che ciascun osso subisce avanti di raggiungere la sua perfezione. A lato di ciascuna fase sta scritta l’età dell’osso stesso, per cui oltre la cognizione dei predetti cambiamenti si può acquistare quella dell’età in cui avvengono”. Una simile preparazione è il risultato della ricerca che veniva svolta presso l’Istituto Anatomico dell’Università di Siena, e al contempo un importante sussidio didattico. E proprio intorno a tali pezzi gli anatomisti del tempo basavano le proprie idee riguardo al processo di ossificazione e, al contempo, vi trovavano le prove fondanti. Lachi e i suoi colleghi ammettevano infatti dei punti primitivi di ossificazione e dei punti secondari.
Le conoscenze a disposizione degli anatomisti dell’epoca erano evidentemente molto più limitate rispetto a quelle odierne e il dibattito si muoveva intorno ai concetti di “punto di ossificazione” e “centro di ossificazione”.

Partendo da questi presupposti, Lachi accompagnò ciascuna tavoletta con i preparati dell’osso nelle sue diverse fasi di accrescimento con una accurata descrizione che prende in considerazione le caratteristiche di ciascuna fase, le maggiori modificazioni che si possono evidenziare tra una e l’altra, e gli studi più innovativi su ciascuno specifico argomento passando in rassegna le opere dei maggiori studiosi di Anatomia ed Embriologia del tempo, da Alexis Boyer a Luigi Calori, da Theodor Karl Gustav von Leber a Rudolf Albert von Kölliker. Questa collezione è dunque il risultato di attente osservazioni e approfonditi studi del docente che hanno dato luogo a un utile sussidio per l’insegnamento e per lo studio dell’Anatomia. Si potrebbe ipotizzare che le antiche collezioni siano destinate all’oblio o al massimo a essere considerate curiosità di un lontano passato scientifico. In realtà non è così se si realizzano intorno a questi beni specifici progetti di comunicazione scientifica per spiegare la scienza ai giovani.

Davide Orsini, Direttore SIMUS

 

 

Pilade Lachi (1852 ? – post 1928) fu allievo di Guglielmo Romiti e suo pro-settore e successivamente settore dal 1877 al 1886 all’Università di Siena. Con Romiti Lachi rifondò il museo anatomico senese. Nel 1884, prima di trasferirsi a Perugia, Lachi tenne un corso di Anatomia nell’Università di Camerino.
Nel 1886 a Lachi venne assegnata la cattedra di Anatomia all’Università di Perugia. Nella sua attività scientifica si ritrova l’impostazione multidisciplinare che il suo maestro Romiti aveva dato agli studi anatomici a Siena, intesa a integrare l’anatomia con l’istologia, l’embriologia, l’anatomia comparata e la fisiologia. Forte di questa sua preparazione che univa al sapere anatomico anche aspetti di embriologia e istologia, a partire dal 1887 Pilade Lachi tenne prolusioni di «anatomia topografica ed embriologia».
Nel 1890 accettò la cattedra di Anatomia normale all’Università di Genova, della quale fu rettore dal 1º novembre 1896 al 31 ottobre 1898. Alla cattedra dell’Ateneo genovese gli successe per raggiunti limiti di età nel 1928 Carlo Ganfini. Ganfini, rinnovando l’impegno e le attività del Professor Lachi che continuò ad operare anche dopo la pensione per l’Università di Genova, si spese per l’attivazione del “Premio Pilade Lachi”, da assegnarsi ogni biennio a laureati per i migliori lavori nel campo dell’Anatomia umana normale con particolare riguardo all’Istologia e all’Anatomia comparata.