L’attribuzione a una teoria scientifica del nome del suo fondatore è una consuetudine nella storia della scienza che tuttavia deve essere analizzata nel momento della sua origine, dei suoi sviluppi e della sua affermazione perché la penetrazione della teoria in vari luoghi e contesti culturali produce letture e percezioni sociali assai diversificate.
La figura di Charles Darwin, la genesi e sviluppo delle sue teorie hanno conosciuto chiarimenti decisivi grazie alla storiografia, allo studio dei suoi inediti e all’impresa della pubblicazione della sua Correspondence, cominciata nel 1985 e giunta al ventisettesimo volume. Abbiamo oggi a disposizione un ritratto dettagliato e plausibile di Darwin.
Fornire una definizione teorica del “darwinismo” è invece impresa difficile perché si tratta di un termine che ha giocato un ruolo importante su terreni diversi da quelli della storia naturale o della biologia. Un chiarimento dei molteplici risvolti del darwinismo può venire da una ricostruzione storica dell’uso del termine e non da una semplice contrapposizione tra senso scientifico e senso volgare.
Il darwinismo sociale non è una teoria politica compiuta ma una serie di tentativi di usare l’approccio evoluzionista in ambito sociale: il pensiero di Darwin fu utilizzato da Herbert Spencer (1820-1903), da Ernst Haeckel (1834-1919) e l’espressione spenceriana di “survival of the fittest” fu resa popolare da filosofi, sociologi e economisti. L’uso politico di categorie biologiche ha condotto per più di un secolo a un vero e proprio abuso delle concezioni di Darwin.
Ferdinando Abbri
Dipartimento Scienze Formazione, Scienze Umane e Comunicazione Interculturale