Accogliendo l’invito dell’Associazione Nazionale Musei Scientifici – ANMS e dell’Università di Pavia che hanno scelto come tema del 32° congresso nazionale ANMS “Diversità come identità. Culture, pubblici e patrimoni nei musei scientifici”, come Museo di Strumentaria medica abbiamo pensato di proporre un tema legato alla malattia, o meglio ad alcune patologie che ci rendono ‘diversi’ agli occhi degli altri. Il tema, che è tra quelli
che caratterizzando le attività di ricerca e di comunicazione del Museo, ci permette a nche di riflettere sulla funzione che simili realtà museali possono avere nella Medical Education.
Nella storia dell’umanità la malattia è stata spesso utilizzata come metafora per dar forza alle posizioni e ai valori di volta in volta assunti dal gruppo sociale dominante al fine di allontanare quanti non fossero
allineati a tali principi. Per certi versi è come se la malattia determini una nuova ‘identità’ del malato che lo rende ‘diverso’ per la sua stessa società, causando emarginazione e isolamento. Pur trattandosi di una componente universale dell’esperienza umana, la malattia infatti può essere compresa pienamente facendo riferimento non solo alle caratteristiche biomediche ma anche alla storia e alla cultura del paziente e al contesto nel quale vive.
Sulla base di questa premessa il Museo di Strumentaria medica dell’Università di Siena, in stretto rapporto con l’insegnamento di Storia della Medicina, ha realizzato – ma il progetto è in continua espansione – una serie di percorsi espositivi cui corrispondono percorsi didattici e divulgativi dedicati a patologie per le quali il modo
in cui la società percepisce e recepisce la malattia di un individuo (sickness) assume una rilevanza importante. Una camicia di forza è l’oggetto simbolo che introduce il visitatore/utente del museo nel percorso sulla malattia della mente. Con altri oggetti, strumenti, arredi e cartelle cliniche che provengono dal manicomio senese di San Niccolò è però portatrice di storie che raccontano non solo la malattia ma anche lo stigma che l’accompagna. Il museo diviene così luogo di incontro per elaborare identità, trasmettere la memoria, discutere sulle problematiche sociali che caratterizzano la malattia; un luogo di confronto e di formazione formale e
informale. Diviene inoltre uno strumento particolarmente interessante nella Medical Education che pone un focus importante sul rapporto con il paziente in un’ottica di Medical Humanities.
Un oggetto diverso, l’apparecchio per pneumotorace artificiale Forlanini, mostra invece come le sovrastrutture che caratterizzano la tubercolosi hanno determinato in questo caso una lettura diametralmente opposta, che deriva dalla poesia e dall’opera ottocentesca, dimenticando talora quanto terribile sia stata e continui
ad essere questa malattia. In tal senso la collaborazione tra le Università di Siena e Genova è stata assolutamente proficua, dati anche i rapporti che il dottor Mariano Martini, collaboratore esterno del Museo,
ha con l’Associazione Stop TB Italia, della quale è referente per la Regione Liguria. Tale collaborazione sta inoltre producendo una serie di percorsi espositivi/didattici/divulgativi dedicati alle malattie sessualmente trasmesse, in particolare all’HIV. Prendendo spunto da una collezione di manifesti del Ministero della Sanità della fine del XX secolo, di proprietà dell’Ateneo di Genova, vengono affrontate questioni relative alla possibilità che modalità comunicative rivolte solo a specifici ‘gruppi a rischio’ possano determinare situazioni assai pericolose e dannose per l’intera società. In quest’ottica, il museo si conferma come un laboratorio di cittadinanza attiva nel campo della salute e in particolare del benessere di quanti combattono la propria battaglia nei confronti di malattie che sono accompagnate dallo stigma.
Davide Orsini
Direttore Museo di Strumentaria medica