Come misuriamo il tempo? E come si determina l’età di un fossile o di una roccia? Dai tempi scanditi dai fenomeni astronomici agli orologi atomici il passo non è stato breve. Dalla necessità di ordinare la vita quotidiana si è passati agli orologi meccanici necessari per le esplorazioni marittime per arrivare agli orologi digitali. Ma saper misurare il tempo non basta a determinare l’età di una roccia o di un reperto. Per millenni si è pensato che l’età della Terra corrispondesse a quella della nostra specie. In epoca romana si teorizzava che la nascita del pianeta risalisse alla guerra di Troia. In seguito per le stime utilizzarono la Bibbia: nel 1600 l’arcivescovo James Ussher determinò che la Terra era stata creata il 26 ottobre nel 4004 avanti Cristo. I tentativi moderni iniziarono con Niccolò Stenone, un anatomista e geologo danese che fu tra i primi a capire che i fossili sono resti di creature viventi. Si ipotizzò che i geologi analizzando gli strati rocciosi potessero fornire una cronologia del nostro pianeta. Un secolo dopo William Smith capì che alcuni strati rocciosi in luoghi molto distanti tra loro risalivano allo stesso periodo, realizzò un catalogo delle stratificazioni sostenendo che ognuna di loro rappresentasse un’epoca distinta nella storia della Terra.
E se la storia della Terra precedesse di moltissimo tempo la memoria umana? Nel 1788 il geologo scozzese James Hutton introdusse l’idea che i tempi geologici ed evolutivi fossero su una scala temporale completamente diversa da quella umana. Le ripercussioni furono rivoluzionare: Hutton non solo sosteneva che la Terra non fosse di formazione recente, ma anche che non era statica. Le stesse forze geologiche che agiscono oggi – come il deposito, l’erosione e il sollevamento – modellano la Terra da diverse ere. A quel punto si cercò di determinare l’età della Terra sulla base di processi naturali in corso. Per esempio stimando il tempo che sarebbe necessario ai fiumi per portare abbastanza minerali dissolti nell’oceano e ottenere la sua attuale salinità (dai 90 ai 100 milioni di anni). Altri analizzarono la velocità media di sedimentazione concludendo invece che sarebbero stati necessari dai 3 milioni agli 1,6 miliardi di anni per arrivare al loro spessore attuale. Ma è solo nel secolo scorso con la scoperta della radioattività e la messa a punto delle tecniche di radiodatazione che si è aperta la possibilità di misurare l’età dei fossili, delle rocce e quindi anche dei pianeti.
Vera Montalbano, Collezione Strumenti di Fisica