Il Direttore del SIMUS Davide Orsini è stato invitato a tenere l’8 ottobre una relazione di indirizzo al workshop “Musei di storia della salute nel XXI secolo: riflessioni e prospettive” all’interno del Seminario internazionale “La promozione museologica dei beni storico-culturali della salute”, organizzato dalla Scuola Grande di San Marco e dall’Azienda USSL 3 Serenissima a Venezia per il Festival di Storia della Salute 2022.
Con Davide Orsini, che ha presentato un intervento dal titolo “Il museo, deposito della memoria e dell’identità di una comunità e strumento di education”, sono intervenuti Alain Touwaide (Institute for the Preservation of Medical Traditions, USA, e UNESCO Chair Plantae Medicinales Mediterraneae, Salerno University, Italy) e Gaspare Baggieri (Conservatore Museo Accademia Storia Arte Sanitaria, Roma).
Prendendo spunto dai cambiamenti progressivi e sempre più incisivi che si sono avuti negli ultimi due decenni nella museologia, non solo per quanto concerne l’organizzazione dei musei ma soprattutto nei modi attraverso cui tali realtà stabiliscono di raggiungere i propri obiettivi, l’intervento del direttore del SIMUS si è basato su alcuni aspetti che i musei universitari senesi hanno preso in considerazione in questo percorso di rinnovamento ma soprattutto di riflessione su quello che un museo di storia della medicina può e deve offrire.
Da alcuni anni l’istituzione universitaria è stata chiamata ad assumere un ruolo nuovo e fondamentale a fianco di quelli tradizionali della ricerca e dell’alta formazione: Terza Missione significa entrare in sintonia con la società, dialogando con essa, per collaborare alla sua crescita sociale, culturale ed economica, offrendo risposte adeguate alle sue necessità.
In quest’ottica i musei che afferiscono al Sistema Museale Universitario Senese stanno sempre più configurandosi come veri e propri strumenti di education, mezzi per trasmettere conoscenze per la crescita dell’individuo e della società. Partecipano alla formazione dell’individuo e divengono attori dello sviluppo del territorio.
Nello specifico un museo di Storia della Medicina può divenire uno strumento importante nella formazione di medici e professionisti sanitari.
Da alcuni anni, ad esempio, all’Università di Siena vengono proposti agli studenti di medicina e delle professioni sanitarie percorsi formativi che prendono origine dalle collezioni storiche del Museo di Strumentaria medica.
È ovvio che un simile obiettivo richieda una preparazione specifica da parte degli operatori museali, e anche cambiamenti profondi e ponderati dell’essere museo. Così come è altrettanto ovvio cercare di raggiungere sempre nuovi target di pubblico, provando a interessare anche gruppi di persone adulte con formazione culturale ed esigenze diverse. Il Museo di Strumentaria medica dell’Ateneo senese lo fa realizzando attività che permettano un avvicinamento e una migliore comprensione del museo da parte del pubblico, tentando di coinvolgerlo attraverso l’analisi dei suoi bisogni e delle sue attese, e anche realizzando attività di vario genere al di fuori dello spazio strettamente museale.
Nella nostra società segmenti tutt’altro che marginali della popolazione si trovano ancora oggi in una situazione di svantaggio perché non interessate e coinvolte nelle proposte culturali dei musei o perché esprimono desideri e richieste non direttamente riconducibili all’offerta presente: si pensi agli stranieri residenti, di prima ma anche di seconda generazione, agli anziani e a tutte quelle persone fragili o che soffrono una condizione di cultural divide.
Inoltre il SIMUS sta creando percorsi allestitivi e modalità di contatto che tendono a raggiungere non solo la mente ma anche il cuore del visitatore, facendo leva su aspetti emotivi: in questo modo le attività diventano sempre più ‘immersive’ e capaci di raggiungere il sentire più profondo del pubblico.
Non si deve infatti mai dimenticare – cosa fondamentale nel momento in cui si desidera lavorare con i ragazzi e al contempo far ritornare anche gli adulti nei musei – che le collezioni medico-scientifiche hanno caratteristiche, storie, particolarità in grado di contribuire alla divulgazione, alla sensibilizzazione, al piacere del sapere e, cosa assai rara nel nostro tempo, capaci di farci emozionare.
Nel far questo, lo straordinario ‘giacimento’ di beni universitari, finora raccolto e conservato, ha iniziato a vivere una nuova esistenza, con una funzione importante nella costruzione di una società democratica, nei processi di sostenibilità individuale e sociale e nella promozione delle diversità culturali, per un benessere diffuso: in poche parole in ciò che l’ANVUR definisce Public Engagement.