Le attività umane hanno da sempre rappresentato un fattore di impatto per le popolazioni animali. Con l’avvento di strumenti e macchine in grado di elevare di ordini di grandezza tale impatto le specie si sono trovate di fronte a cambiamenti tali da rendere del tutto inefficace il meccanismo della evoluzione attraverso la selezione naturale, condannandone in gran numero alla residualità quando non alla scomparsa.
Gli uccelli di ripa non fanno eccezione e anzi, a causa della frammentazione intrinseca del loro ambiente, appaiono tra le specie più vulnerabili sotto questo aspetto. La necessità di utilizzare l’ambiente ripario per la nidificazione, la nutrizione e il riparo da predatori è adesso messa a dura prova da gestioni miopi dell’assetto idrogeologico e boschivo che mirano a separare fisicamente il corso d’acqua dal terreno circostante impedendo la formazione di un intero habitat e condannando di fatto un intero gruppo di specie alla rapida scomparsa.
Per comprendere la portata di tale fenomeno basterà fare alcuni esempi relativi a uccelli che solo 30 anni fa erano comuni e che adesso sono scomparsi o divenuti molto rari, sostituiti solo in parte da specie opportuniste che altra colpa non hanno se non quella di essere in grado di trarre profitto dalle mutate condizioni ambientali. Solo un approccio scientifico e multidisciplinare potrà limitare e provare a gestire questo processo al momento inarrestabile.
Alberto Massi
Unione Atei e Agnostici Razionalisti